La Settima Musa: il ritorno poco ispirato di Jaume Balagueró

Recensione de La Settima Musa, il nuovo film horror di Jaume Balagueró al cinema dal 22 agosto 2018.

La locandina italiana del film La Settima Musa

Eccola, un’altra vittima della Sindrome di Argento. Il morbo di cause ignote che deve il suo nome al primo paziente ad averlo contratto e che colpisce in particolare registi horror i quali, improvvisamente, smarriscono il loro tocco magico e si trovano a vagare spaesati nell’universo cinematografico che loro stessi hanno definito.
Il nuovo caso clinico è quello di Jaume Balagueró, che a cavallo del cambio di millennio pose con decisione il sedere sul trono, con la corona di creatore di spaventi, dimostrandosi capace di spaziare e affascinare dalle sette (Nameless) agli spiriti (Darkness), dal found footage (Rec) all’affilato thriller psicologico (Bed Time, uno dei titoli più sottovalutati della storia recente).
Fattore comune della produzione dell’autore catalano era l’originale connubio tra l’elemento soprannaturale e dinamiche tragicamente umane, declinato senza le allegorie di Del Toro ma con una nudità ed una brutalità europee che laceravano i nervi.

La Settima Musa (Muse in originale) arriva dopo un periodo di insolita latenza, un semi-letargo al servizio dei sequel di Rec e qualche corto, e approda al Sitges come uno dei titoli inevitabilmente più attesi e sviscerati.
Come da titolo, l’ottavo lungo di Balagueró prende in analisi il millenario immaginario delle muse, divinità della religione greca rappresentanti del sommo ideale artistico e, dunque, ispiratrici “simboliche” dei più grandi esiti dell’Arte globale. Le Muse erano però capaci anche di impareggiabile malvagità, se qualcuno avesse avuto l’insolenza di sottrarre loro, o sfidarne, il monopolio in materia.

una scena del film La Settima Musa – Photo: courtesy of Adler Entertainment

In La Settima Musa, Balagueró gioca proprio con l’ambiguità di tali figure, trasformandole in vere e proprie predatrici: i malcapitati di turno sono il professore di letteratura Samuel Solomon (Elliot Cowan), tragedia alle spalle, e la mamma single Rachel (Ana Ularu), tragedia in corso, che grazie ad un sogno premonitore congiunto trovano un oggetto antico e seducente.
Entrati in suo possesso, i due iniziano ad essere tormentati da visioni e sventure: la verità sta proprio nell’antichissima tradizione sulle Muse, entità più reali di quanto dicano i libri, e nettamente più irritabili.

Il prisma dell’immaginazione di Balagueró rifrange un racconto ibrido e pieno di sfumature, ma per la prima volta nella sua carriera il mirino tremola e il grilletto si inceppa.
Forse la distrazione giunge dall’eccesiva densità (e, di conseguenza, lunghezza) del film, incerto sul da farsi di fronte al bivio tra orrore e mistero.
Scena dopo scena, l’ago della bilancia si approssima al secondo ingrediente e quello che sulle prime sembrava una classica storia di fantasmi vira verso la versione paranormale de Il Codice Da Vinci: due contro un gomitolo di misteri, in corsa verso luoghi e persone (così, ritroviamo Franka Potente e Christopher Lloyd alle prese coi rispettivi mutui) che possano fare luce sulla vicenda.
In questo modo, nell’insalatiera de La Settima Musa si riversano sangue, drammi sociali, folklore ed un elogio di poesia e letteratura tanto encomiabile quanto inopportuno.

una scena del film La Settima Musa – Photo: courtesy of Adler Entertainment

Nonostante Balagueró sia un autore capace di tenere relativamente salda la presa sul timone, il film si ingarbuglia come le auricolari tenute in tasca per ore: quello che sfugge, oltre alla paura, sono il movente e l’obiettivo dell’architettura narrativa.
La quale, pur con qualche lirismo, non regge il peso e casca; come i due protagonisti, che sono bravi e in sintonia, ma ricalcati da tante vicende simili (The Ring ed emuli asiatici non sono così distanti, o sbaglio?).
A decretare il fallimento di Muse, una parte centrale intricata e all you can eat, dove persino il potenziale seduttivo dello spauracchio ispiratore latita quasi del tutto.

Voto: 5,5/10

Luca Zanovello

 

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