Springsteen – Liberami dal nulla: recensione del film ora al cinema

Springsteen – Liberami dal nulla: il biopic con Jeremy Allen White è puro atto di fede nel valore della musica.

La locandina italiana del bipic Springsteen: Liberami Dal Nulla.

SCHEDA DEL FILM 

REGIA: Scott Cooper
CAST: Jeremy Allen White, Jeremy Strong, Paul Walter Hauser, Stephen Graham, Odessa Young, Gaby Hoffman, Marc Maron, David Krumholt
DURATA: 114 minuti
DATA DI USCITA: 23 ottobre 2025
DISTRIBUTORE: 20th Century Studios


RECENSIONE 

“Lacrime, rabbia e musica: da Nebraska all’origine del mito di Bruce Springsteen in una biografia atipica, lontana da facili agiografie”

Due strade divergevano in un bosco ed io

io presi quella meno battuta,

e questo ha fatto tutta la differenza. (Robert Frost)

La scelta di addentrarsi nell’incandescente materia di Bruce Springsteen è come quella di un uomo che si trova sull’orlo di un precipizio: o cade nel vuoto oppure torna tra i vivi per raccontarla. Il regista di Springsteen – Liberami dal nulla, Scott Cooper, è rimasto gloriosamente in piedi con un riuscito frammento biografico di un musicista ancora spoglio del suo mito.

Jeremy Allen White è Bruce Springsteen nel film di Scott Cooper. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2025 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Il periodo è quello dei primi anni Ottanta del Novecento; il momento è l’album Nebraska. Quello che ha racchiuso l’America in canzoni con tutte le sue contraddizioni, cadute e moti d’orgoglio. Il medesimo che ha aperto le porte ai fantasmi del passato di un musicista che ha oltrepassato un inferno personale prima di scoprire il proprio posto nel mondo.

Freehold, New Jersey, 1957. Il piccolo Bruce Springsteen (Jeremy Allen White), nella sua casa d’infanzia, osserva con dolore e paura gli umori e le azioni del padre Douglas (Stephen Graham), un uomo caratterialmente difficile, assai violento con lui e con la madre (Gaby Hoffmann).

Cincinnati, settembre 1981. La star in ascesa del rock americano, Bruce Springsteen, si trova sul palco nell’ultima data del tour per cantare una scatenata versione di Born to Run. Dietro le quinte lo aspetta il suo manager, Jon Landau (Jeremy Strong), l’ex critico musicale che per primo ha creduto in lui.

È già al terzo album e il successo sembra inarrestabile. Tutti lo adorano e i produttori non aspettano altro che 3 nuovi singoli elettrici, per consacrarlo come The Boss. Ha già pronta Born in the USA, la sua strada sembra in discesa eppure non riesce a lasciarsi scivolare addosso la sensazione che non sia questo l’approccio da mantenere.

Il suo credo musicale e visione si compiono soltanto in un intero album. Un percorso preciso in cui ogni canzone deve essere incastonata all’interno di un racconto, non messa a caso per fare cassetta. Quello che non sa (non ancora, almeno) è che per compiere la sua missione dovrà attraversare un vero e proprio inferno psicologico.

Jeremy Allen White in una scena del film Springsteen: Liberami dal Nulla. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2025 20th Century Studios. All Rights Reserved.

L’incontro con un film cult, La rabbia giovane di Terrence Malick, lo mette in contatto con la vicenda di Charles Starkweather e Caril Ann Fugate. Una coppia di giovani che, nel 1958, tra il Nebraska e il Wyoming, ha ucciso 10 persone apparentemente senza ragione alcuna.

Springsteen rimane folgorato dal linguaggio di Malick e sceglie di cantare la storia omicida. Una difficile impresa che scava nel profondo, nelle sue insicurezze e sensibilità, ritrovandosi in un luogo buio e disorientante come quello della sua infanzia. Canzone dopo canzone, emerge una connessione con i personaggi. Lui canta con la loro voce e la sua, è narratore e protagonista allo stesso tempo.

La cassetta con l’incisione fatta a casa nella cittadina d’infanzia, con un registratore a 4 piste, chitarra classica, armonica e glockenspiel, gli rimane addosso per giorni. Nessuno sembra convinto perché il suono è sporco, incompiuto, proveniente da un’epoca remota.

Nemmeno Landau ci crede ma crede a Bruce, al suo artista e non può fare a meno di lottare per lui, spiegare all’industria cinematografica che l’arte è quella. Un universo imperfetto dove ribolle la vita.

Il tentativo di addomesticare il magma passa dalla seconda incisione con la sua E-Street Band. Eppure è un no. Non è così. Nebraska funziona solo sul nastro della cassetta, tra le vite scellerate che descrive e la sua anima ammaccata.

Due strade divergevano in un bosco ed io, io presi quella meno battuta. Il resto, è storia.

 

Jeremy Allen White in Springsteen: Liberami dal Nulla. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2025 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Non è possibile comprendere la struttura narrativa di questa biografia a immagini – fortunatamente lontana da qualsiasi stanca agiografia – senza conoscere ciò che si cela dietro l’album Nebraska. Un capolavoro oscuro di musica e di parole così distante dall’energia ritmica e la lucentezza di altri suoi brani cult.

Un’opera che ha rischiato di non essere mai vista e che porta in sé tutte le contraddizioni dell’America. Un crogiuolo di rabbia, sconfitta e rivalsa di cui Springsteen è il menestrello dei perdenti e dei perduti.

Canta e suona di e per i serial killer, personaggi dalla dubbia morale, operai che hanno perso tutto e bevono per dimenticare sé stessi e il mondo che li rifiuta. Una umanità perduta che chiede solo di essere liberata dal nulla, da quel male che ha invaso le loro vite, con la remota speranza di ritornare a credere.

Il regista Scott Cooper è riuscito a raccontare tutto questo, mostrando efficacemente la musica di Springsteen come tableau vivant di una Passione moderna. La struttura si può accostare più a un documentario che a un film e non solo perché la materia è cosa nota. Vi è una importante ricerca filologica nella accurata ricostruzione delle atmosfere dell’epoca. L’uso dei filtri fotografici anni Ottanta, ad esempio, rielaborano la sensazione visiva e quasi tattile di quel periodo.

Jeremy Strong e Jeremy Allen White in Springsteen: Liberami dal Nulla. Photo courtesy of 20th Century Studios. © 2025 20th Century Studios. All Rights Reserved.

Lo stesso parametro è quello usato per il suo protagonista. È la storia di Springsteen, certo, ma è anche e soprattutto quella di un uomo che lotta con sé stesso, affrontando un rapporto padre – figlio fino alla sua radice. L’unico modo per sopravvivere a tutto questo è la musica, non vi è spazio per altro. Nemmeno per la traccia romantica, la relazione con Faye (Odessa Young).

L’attore Jeremy Allen White, che si porta addosso gli occhi e le aspettative di tutti i fan del Boss, ha messo tutta la sua particolare aura di uomo smarrito e vagamente autodistruttivo, (sua specialità dai tempi di Shameless e The Bear), trovando una propria personale chiave di lettura nella reincarnazione del mito. Non una star glamour o inutilmente tormentata ma uno sinceramente perso in attesa di trovare la sua vera direzione.

Un film che non arriva immediatamente al cuore ma poco per volta, quando le luci della sala cinematografica si sono spente, lungo il tragitto verso casa. Tra la folla indefinita di chi parte e di chi resta, con la netta sensazione di ringraziare colui che ha davvero scelto la strada meno battuta, facendo la differenza con la sua musica.

Silvia Levanti


TRAILER UFFICIALE

Foto: ufficio stampa, che si ringrazia

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