Oggi parliamo di streghe, aneddoti, storia e storie. Oggi parliamo di un regista eclettico, ironico e colto. Oggi parliamo di sabba, madre terra e matriarcato. Oggi andiamo in Navarra a Zugarramurdi, equivalente iberico di Salem, con una guida d’eccezione: il regista Alex De La Iglesia, arrivato nella Capitale per presentare all’Europa il suo nuovo film “Le streghe di Zugarramurdi”.

Alex De La Iglesia © Festival Internazionale del Film di Roma

Sorridente, disponibile, loquace e ricco di sorprese, il cineasta non si è risparmiato e ci ha raccontato come sia nato il suo nuovo lavoro. Vera e coerente continuazione, evoluzione, punto di congiungimento di temi, colori e simboli cari alla sua cinematografia. Con un incipit folgorante, esplosivo, decisamente inatteso ed esilarante, conosciamo infatti in pochi minuti il gruppo di malcapitati che finiranno nell’isolato paese dal famigerato passato.

Dopo la “Ballata dell’Odio e dell’Amore”, in cui l’autore si è espresso liberamente creando un’opera molto intimistica, cruda e per palati selezionatissimi, oggi De La Iglesia torna all’ironia de “La Chispa de la Vida”, all’azione, a plot così incalzanti da non lasciare tempo allo spettatore per pensare, respirare o meditare. Lui stesso ci conferma che il suo sogno è sempre stato di riuscire a creare una pellicola che fosse perfetta commistione di follia, ironia a pioggia, con una cascata di azione e violenza inattesa.

Così come il meraviglioso inizio è il coronamento di un sogno ventennale – avrebbe dovuto dare il via a “Voglio un milione di Amici”, film che nessuno gli finanziò – questa storia vuole riproporre alcuni concetti di quella sceneggiatura, unendoli a temi da sempre a lui cari. E così i personaggi vivranno un’esperienza grottesca, grondante sangue e carica di taglienti battute in un’isolata casa (esistente) e in una grotta (che non solo è visitabile ancora oggi, ma è la medesima citata nei libri di storia, di sabba e favole), ma sono in eterno conflitto tra loro, facendo fronte comune per vincere un manipolo di donne dalle bizzarre abitudini.

© Festival Internazionale del Film di Roma

Nei secoli, l’Inquisizione a Zugarramurdi si fermò più volte ma, differentemente da quello che si potrebbe credere, di fronte a una popolazione convinta che le donne fossero streghe e potessero volare fuori dalla finestra della cucina, furono proprio i gesuiti a cercare di far rinsavire tutti. Gli unguenti casalinghi erano, infatti, allucinogeni, insomma, la gente subiva gli effetti di sostanze psicotrope e non aveva alcun potere magico. Ma il popolo continuava a incolparsi a vicenda, quindi alla fine vennero condannate 12 persone e uccise una manciata, nell’incredulità collettiva di giudici e delle autorevoli penne che hanno raccontato i fatti nei secoli andati.

Simili informazioni nelle mani dell’eclettico regista, non è difficile comprendere che abbiano dato vita all’incalzante pellicola a cui abbiamo assistito e soprattutto che l’incontro abbia stregato i presenti. “Le Streghe di Zugarramurdi” è un film divertente, grottesco, ricco di riferimenti e di accadimenti, quindi ben più di un piatto horror o di una demenziale commedia degli orrori. Voto: eccellente. Siamo difronte a un’opera matura, intelligente e spiazzante, un vero intrattenimento da vedere e possedere.

© Festival Internazionale del Film di Roma